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7 luglio 2020
Indro e i nani della politicaSembra una maledizione. Una maledizione storica: Firenze, città dei Grandi, almeno da Dante in poi con i `suoi Grandi’ non riesce ad azzeccarne una. Né da vivi né da morti. L’ultimo episodio è di due giorni fa. La scena è quella del Consiglio comunale. In cerca di cinque minuti di notorietà, il consigliere della Lega, nonché vicepresidente del Consiglio stesso, Emanuele Cocollini presenta un ordine del giorno per intitolare una strada della città a Indro Montanelli, fiorentino di Fucecchio. La manovra è scoperta: a Cocollini di Montanelli interessa il giusto, visto che avrebbe avuto altre mille occasioni per avanzare la sua proposta, che invece è arrivata ora, sulla scia delle polemiche sull’imbrattamento della statua dedicata a Indro nel giardini di via Palestro a Milano, dopo che era riemersa la questione delle sue «nozze» con una dodicenne etiope durante la guerra coloniale dell’Italia nel Corno d’Africa. Intento scoperto: usare Montanelli per mettere in imbarazzo la maggioranza a trazione Pd. Scontata la conclusione: ordine del giorno bocciato, con Cocollini e il capogruppo del Carroccio Federico Bussolina stracciarsi Ie vesti per l’affronto inflitto al grande giornalista. Uno schema di gioco ipocrita, stucchevole, messo già in atto con Oriana Fallaci. Con la destra a farsene paladina, appropriandosi indebitamente delle sue idee e strattonandone la memoria, davanti a una sinistra altrettanto colpevole. Anzi, colpevole tre volte: per non avere capito nulla del suo valore di giornalista e scrittrice a causa del paraocchi ideologico; per non essersi neppure fatta sfiorare da un dubbio di fondatezza dopo le sue denunce sul pericolo islamista; per non essere riuscita ancora una volta a intravedere la grandezza del libero pensiero in un personaggio che non fosse un militante della sua stessa parte politica. Ci sono voluti oltre dieci anni prima che Firenze facesse ammenda della sua miopia dedicando a Oriana qualche metro di un giardino alla Fortezza da Basso e, nientepopodimeno, una fermata della tramvia (ma in condominio con Filippo Strozzi). Adesso tocca a Montanelli. Ma non è tutto. Tre consiglieri del Pd — il capogruppo Nicola Armentano e le due vice Benedetta Albanese e Letizia Perini — si sono incaricati di spiegare il no alla dedicazione in onore di Montanelli. Potevano limitarsi a dire che la maggioranza si era dichiarata contraria a un’operazione tutta politica che non rendeva giustizia a un protagonista della storia italiana. Invece hanno aggiunto un capoverso che recita: «Sono molti i personaggi che hanno segnato la storia, l’arte, la cultura del nostro Paese con il loro operato e che però ci pongono interrogativi morali rispetto alla loro biografia. Montanelli rientra tra queste figure». Interrogativi morali? Ma chi sono Armentano, Albanese e Perini per ergersi a giudici di Montanelli e dei personaggi di tutta la storia italiana, come loro stessi scrivono? Hanno i tre carneadi una pallida idea di chi è stato Montanelli? Di che cosa abbia rappresentato per il giornalismo e per l’Italia, conia sua avversione ai riti e ai maneggi della politica romana? E quale esempio di semplicità, coerenza e rigore Montanelli sia stato per tutti noi, i suoi connazionali? Viene da sorridere pensando che i tre stanno in un partito che è l’epigono di un Pci che ci ha riempito di piazze Togliatti (che stanno bene dove sono, intendiamoci, perché la toponomastica è rappresentazione della storia, non di una storia di regime, qualunque esso sia). Era il momento più inopportuno per proporre (in buona fede) una via Montanelli, perché significava esporlo a nuovi attacchi. Come è successo. Forse verrà anche per lui il tempo di sepolcri meno imbiancati. Ma nel frattempo dedicategli almeno, gli uni e gli altri, il vostro silenzio. Fonte: Paolo Ermini, da Il Corriere Fiorentino, 4 luglio 2020 |