Fondazione Montanelli Bassi
 
17 giugno 2020

Processo a Montanelli. “Razzista? Non ha senso”



“Questi sono gli effetti della cancellazione del tema di storia dalla maturità”.
Non ha dubbi il professor Angelo Del Boca, tutto l’affare Montanelli accusato di essere “razzista e stupratore” nasce dall’ignoranza assoluta non tanto dell’uomo quanto del tempo, “dall’incapacità di comprendere un’epoca completamente diversa dalla nostra.” Autore di una serie di opere dedicate alle guerre degli italiani in Africa orientale nelle quali si svela la brutalità dei combattimenti, Del Boca ebbe modo di far ricredere Montanelli sull’impiego dei gas, che il grande giornalista aveva sempre negato. Ma davanti a questo improvviso polverone prevale lo stupore. “Fatico a capire. Sostenere che Montanelli è stato razzista a distanza di quasi ottant’anni dai fatti non ha alcun senso. Primo, perché parliamo di un episodio ben noto, perché lui stesso lo ha più volte raccontato. Secondo, perché si tratta di contesti lontani anni luce dalla nostra sensibilità. Forse da parte dei suoi accusatori non c’è malafede, tutto quanto, più che un’accusa, mi sembra un enorme abbaglio.

Partiamo dal contesto. Quanto razzismo c’era da parte dei conquistatori fascisti verso le popolazioni africane?
C’era una visione fortemente colonialista, com’è ovvio, ma non in maniera particolare. Questa era l’attitudine e la cultura di tutti i popoli europei, inglesi e francesi in testa. Noi italiani ci siamo arrivati per ultimi, e ci siamo allineati. 

Montanelli ha sempre motivato l’acquisto della quattordicenne Destà quale moglie provvisoria come un gesto quasi necessario. E’ verosimile?
Beh, proprio necessario no, ma suggerito sicuramente sì. Il matrimonio temporaneo, o madamato, era una sorta di compromesso consolidato nei territori di guerra coloniali. Per un ufficiale a capo di una guarnigione di ascari, quale era Montanelli, rappresentava un forte segno di integrazione. Si è razzisti marcando la propria diversità da un popolo, ma con il “madamato” accadeva il contrario.

In diverse circostanze Montanelli ha dichiarato anche che molti compagni d’armi decisero di tenersi le loro spose etiopi, e di portarle con sé in Italia. Risulta anche a lei?
Sì, è accaduto effettivamente. Sono stati i primi matrimoni misti della nostra storia.

Sempre dalle sue testimonianze sappiamo che Montanelli pagò al padre di Destà 500 lire di allora per un “pacchetto” che comprendeva oltre alla ragazza anche un cavallo e un fucile. Anche questo corrisponde alla verità dei fatti?
Qui un po’ di invenzione del giornalista c’è senz’altro. Il cavallo fa molto romanzo d’avventure, e sappiamo che il giovane Montanelli amava molto Kipling…

Veniamo all’accusa di stupro, e di “schiavitù sessuale” in cui sarebbe stata ridotta la sposa. 
Un’altra forzatura che non tiene alcun conto del contesto storico. Erano le tribù locali a chiedere il madamato, e nella stragrande maggioranza dei casi le giovani spose erano fiere di avere un marito italiano.

Questo sembra essere anche il caso di Destà Montanelli.

Direi di sì. Altrimenti non si spiega perché Montanelli ne abbia sempre parlato con affetto, e la stessa Destà abbia dato al suo primogenito il nome di Indro.  

Certo, c’è il tema dell’età. Davvero “quelle lì a quattordici anni erano già donne” come disse una volta a Enzo Biagi?
E’ obiettivamente così, questa era la cultura di quelle tribù, e in parte lo è ancora adesso. Difficile da accettare per noi, ma anche da questo punto di vista non fu perpetrata alcuna violenza.

Tuttavia, in pieno revisionismo da politicamente corretto, tutto questo non conta. E a nulla vale la statura intellettuale del “colpevole”. Al di là del caso Montanelli, come giudica la sempre più frequente condanna di grandi uomini sospettati di essere moralmente riprovevoli?
Viviamo un’ondata di neo puritanesimo, ci si concentra sul dito e si perde di vista la luna. Milano ha fatto bene a dedicare un monumento a Montanelli in quanto grande giornalista, questo è quello che conta. Dopodiché, la grandezza di un uomo è inseparabile dai valori del suo tempo. Voler abbattere un monumento senza una profonda consapevolezza culturale significa voler rieducare la Storia, che è ancora peggio ancora che dimenticarla.

Fonte: il Fatto Quotidiano, 16 giugno 2020




     

 
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