Fondazione Montanelli Bassi
 
2 dicembre

La mia caccia



… Sulla caccia, bisogna infatti intendersi. Se fosse quella dei killer che nelle riserve massacrano in una mattinata, magari seduti su una sedia portatile, sette od ottocento fagiani d’allevamento; o quella dei fanatici dello sparo che sparano a tutto, anche alle rondini e ai pettirossi; anch’io sarei per la sua soppressione. Ma la caccia del vero cacciatore è tutt’altra cosa. La caccia, quella vera, sono i balzi di gioia del tuo cane, quando ti vede staccare, prima dell’alba, il fucile dalla parete, e l’immersione nel bosco, o fra le giuncaie del padule nel momento del loro risveglio con tutti quei fruscii misteriosi e chioccolii degli uccelli che si chiamano tra loro, e le serpentine trepidanti del cane sul primo fiato di selvaggina, tra i rovi del sottobosco… La caccia è questa, non la smania di ammazzare. Il vero cacciatore, se al termine di una giornata come questa, interrotta soltanto dallo spuntino al sacco, condiviso a par condicio col cane; se al termine di una cosiffatta giornata ha messo nel carniere cinque o sei capi (una beccaccia, due beccaccini, un germano, un bozzoletto, una quaglia), il vero cacciatore la considera una buona giornata; e reduce da questo bagno nella natura torna a casa con l’impressione – non si metta a ridere – di essere più uomo di quelli che non se ne sono mossi.

La Stanza di Montanelli, Corriere della Sera, 9 luglio 1997, anche in Le Stanze, BUR, 2018 (nuova ed.), p. 434.

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