“L’umorismo di Kruscev è di genere alimentare. I suoi ingredienti d’obbligo sono il granoturco, i cavoli, le fave, i maiali; le sue parabole, anche quando prendono a pretesto i voli astronautici e interspaziali, a un certo punto piombano nel commestibile. Egli non sa distaccarsi da questa costante preoccupazione del cibo, del pane, della zuppa, nemmeno ora che mangia a volontà. E’ il lato patetico del suo carattere. In esso riecheggia l’antica secolare fame delle masse contadine russe, che vi ispiravano la saggezza dei loro proverbi.
Kruscev viene direttamente da queste masse e ne ha condiviso troppo a lungo le rivolte, le rassegnazioni e soprattutto i digiuni per potersi disfare di questo retaggio. E’ rimasto analfabeta fino a ventisei anni e ancor oggi maneggia la lingua russa con qualche difficoltà, commettendo errori di sintassi e di ortografia. Non è affatto necessario essere dei letterati per dirigere un Paese. Anzi, forse è meglio non esserlo….”
Da: Il Corriere della Sera, 19 maggio 1960
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Nikita Kruscev nella fotografia che comparve a corredo dell'articolo di Montanelli per il Corriere nel 1960