Cinquant'anni fa Indro Montanelli si rivolgeva con queste parole ai lettori de
il Giornale nuovo fondato dopo essersi portato via dal Corriere della sera i colleghi migliori, la cosiddetta
argenteria di famiglia.
"Questo quotidiano nasce da una rivolta e da una sfida. La rivolta è contro uno stato di fatto che espone i giornalisti a ogni sorta di condizionamenti padronali e corporativi. La sfida è alla ineluttabilità di questa situazione. Noi siamo convinti che un gruppo di uomini professionalmente selezionati e fermamente decisi a servire soltanto il lettore possono ottenere da lui quanto basta a sostenere la loro impresa senza bisogno di mettersi all'ombra - e alla greppia - di un «protettore». I più benevoli ci definiscono sognatori. I più malevoli, pazzi. Noi ci consideriamo soltanto sensati."
E per la stessa ragione, perché non voleva "condizionamenti padronali", quel giornale lo lasciò vent'anni dopo. Nel 1994.
L'aveva fondato, allevato e nutrito come se fosse un figlio e con dolore fu costretto ad lasciarlo andare per una strada che non era la sua. Ma l'impegno di lealtà che prese con il lettore, quello non cambiò mai, nessuno riuscí a condizionarlo.
Non a caso diceva: "Non sempre ho potuto scrivere tutto quello che pensavo, ma non ho mai scritto quello che non pensavo".
Per rendere omaggio a quella avventura lunga vent'anni noi abbiamo curato un libro che la racconta. E abbiamo anche aggiunto i ricordi di 14 personaggi che per curiose ragioni hanno conosciuto Indro.
Presentiamo, per questo storico anniversario, la prima pagina de 'Il Giornale' di quel 25 giugno 1974 da noi posseduta, contenente l'articolo di fondo di Montanelli e, in particolare, la dedica alla madre, che il giornalista appose in alto.