Questa la domanda posta a Indro da un lettore del Corriere nel 1997. Ecco parte della risposta
[…] Che anche sotto il fascismo ci sia stata una cultura, mi sembra uno di quei dati di fatto che non c’è nemmeno bisogno di enunciare. Ma che sia esistita una cultura identificabile come “fascista” non mi sembra. […] Sicché la definizione più saggia che sul fascismo ho sentito è quella che colsi, pochi mesi prima che morisse, sulla bocca di Pirandello: «Un tubo vuoto, che ognuno può riempire di quello che più gli aggrada». La cultura, Mussolini la “sentiva” poco, anche perché poca ne aveva lui stesso. Poca, vecchiotta e quasi tutta di marca francese. Le sue fonti erano Sorel, Zola e la pubblicistica dei loro tempi. Basta vedere come redasse o fece redigere sulla Treccani la voce “Fascismo” lasciandola aperta a tutte le interpretazioni, e quante volte lui stesso si contraddisse. […] Di una cultura fascista, francamente, io che ci ho vissuto dentro, non mi sono mai accorto. Quella esistente, Mussolini la trattò come aveva trattato tutto il resto: le impose la camicia nera, ma si contentò della camicia.
Corriere della Sera, La stanza di Montanelli, 6 settembre 1997, anche in I. Montanelli, Le stanze, BUR, 1998, p. 175.
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