22 gennaio

Una lettera a Macaluso



Il centenario del congresso socialista di Livorno, da cui scaturì il Partito Comunista Italiano, coincide ora con la morte di un alto esponente di quel partito, Emanuele Macaluso, con il quale esattamente venti anni fa Indro ebbe uno scambio epistolare pubblicato sul Corriere della Sera del 18 gennaio 2001. I due “carissimi nemici” affrontarono argomenti interessanti e complessi, sui quali non possiamo qui soffermarci. Ci limitiamo a riportare una breve parte della lettera di Montanelli. Un esempio – oggi purtroppo sempre più raro - di come un comunista e un liberale che intendevano argomentare, e non scambiarsi etichette pregiudiziali, potevano ragionare lealmente di storia e di attualità.

[…] Ora, caro Emanuele, stammi bene a sentire. Io non intendo stabilire paralleli tra fascismo e comunismo. Fra il crollo del muro di Berlino e il Gran Consiglio del 25 luglio corre la stessa differenza che passa fra una tragedia di Eschilo e un Vaudeville della Belle Epoque. […] La nostra militanza fascista non aveva nulla di comparabile con la vostra di comunisti; era una militanza, la nostra, fatta di esteriorità: la divisa, gli stivali, i galloni, il saluto al Duce fondatore dell’Impero, lo squillante “A noi!”, insomma i rituali staraciani, oltre, si capisce, la ‘tessera del pane’ come si chiamava quella del partito: unico articolo semiserio (perché c’erano anche dei surrogati) in mezzo a tanta chincaglieria. I drammi vostri, di voi comunisti, quelli che non ho soltanto letto, ma ascoltato dalla viva voce dei Tasca, dei Koestler e dei Silone, noi non li abbiamo vissuti. Noi non ci siamo mai sentiti né eretici né spretati, perché il Fascismo era solo un partito cui si veniva iscritti come nel registro dello Stato Civile; non una Chiesa come la vostra. … Tu dici a me: «Una cosa è il processo al comunismo, anche se ormai si sa che cosa è stato. Altra cosa è quello a coloro che ci credettero e che ad esso sacrificarono tutto: famiglia, affetti, amicizie, coscienza». Per dire questo e fare questa distinzione, credo di avere le carte in regola perché sono stato contro di voi sempre a viso aperto. […] Ignoro quello che a voi è costata la fedeltà a un Credo che v’imponeva quei sacrifici, e penso che io non sarei mai stato capace di pagarne tanti e di così pesanti. Forse era anche per questo che vi odiavo e ho continuato ad odiarvi finché è rimasto in piedi il Muro di Berlino: ma nemmeno allora vi ho mai mancato di rispetto.









La copertina del volume di Indro Montanelli ’L’Italia in camicia nera’, facente parte della ’Storia d’Italia’
 


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