Purtroppo a sostegno di una tesi che evidentemente vuole rivalutare il Regno Borbonico (la giornata dovrebbe infatti svolgersi il 13 febbraio, giorno in cui nel 1861 cadde l’ultimo baluardo dei Borbone di Napoli), il proponente cita, tra gli altri, gli scritti di Indro Montanelli.
Possiamo solo immaginare la reazione che avrebbe avuto Indro nel sentirsi arruolato a sostegno di una proposta del genere. Non entriamo in un dibattito storiografico che è in atto da tempo e riteniamo che solo ragionando sui molteplici aspetti del Risorgimento (e non usando come una clava una nuova ‘giornata della memoria’) si possa addivenire a quella “verità” invocata dal senatore Puglia. Ci limitiamo a un paio di citazioni montanelliane che meglio di ogni altra considerazione sintetizzano il suo pensiero sull’argomento.
Già nel 1971, nell’avvertenza al suo libro L’Italia giacobina e carbonara, Indro scriveva: “Io vedo nel Risorgimento e in tutto quello che lo preparò l’unica cosa nobile e bella che l’Italia abbia fatto negli ultimi quattrocento anni, e non mi sembra poco”. E molti anni dopo, il 10 novembre del 2000, in una delle sue Stanze pubblicate sul Corriere della Sera, dopo aver ammesso i limiti che da sempre attribuiva al Risorgimento (principalmente il fatto che fosse stato il risultato dell’opera di una élite, priva di un vasto appoggio popolare), concludeva però che questo limite “… nulla toglie al fatto che il Risorgimento rimane il capitolo più, anzi il solo capitolo, dignitoso della nostra storia come Nazione”.